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Il 55% dei datori di lavoro italiani integra la sostenibilità nella strategia HR

I dipendenti sono critici: solo il 57% considera credibili questi sforzi

Sustainability

Oltre la metà dei datori di lavoro italiani (55%, in linea con la media europea) si impegna a integrare la sostenibilità nella propria strategia HR. Quasi tre su quattro (71%) ritengono, inoltre, che la loro immagine di sostenibilità sia credibile, ma i dipendenti adottano una visione più critica: solo il 57% si fida dei loro sforzi. È quanto emerge dalla ricerca internazionale “HR & Payroll Pulse” condotta da SD Worx, principale fornitore di soluzioni HR in Europa, su un panel di 5.625 decisori HR e 16.000 dipendenti provenienti da 16 Paesi europei. 

La pressione per dimostrare risultati concreti aumenta, soprattutto alla luce della Direttiva europea sulla rendicontazione di sostenibilità aziendale (Corporate Sustainability Reporting Directive - CSRD) che richiede a molte aziende un resoconto pubblico sulle politiche di sostenibilità attuate.
 

La sostenibilità sta assumendo un ruolo crescente nell’agenda dei Direttori delle Risorse Umane. La questione è particolarmente rilevante nel Regno Unito (68%), in Irlanda (68%) e in Romania (65%), mentre Paesi come Germania e Belgio (entrambi 47%) sono in ritardo.
 

    Come comunicano i datori di lavoro l’impegno a favore della sostenibilità?

    In Italia, il 72% promuove pubblicamente le pratiche sostenibili adottate nella gestione delle risorse umane. Un fenomeno particolarmente marcato in Romania (92%), Norvegia (85%) e Irlanda (81%), mentre la Finlandia (46%) rimane in coda. Tuttavia, i dipendenti europei percepiscono meno chiaramente questo posizionamento: solo il 62% ritiene che il proprio datore di lavoro sia realmente sostenibile. Nel nostro Paese superiamo di un punto percentuale la metà (51%). 

    Oltre alla visibilità esterna, assume importanza anche la rendicontazione: il 50% dei datori di lavoro italiani dichiara che la propria organizzazione valuta e trasmette attivamente i risultati delle iniziative di sostenibilità e il loro impatto etico su ambiente, società e governance (ESG). Solo il 35% si sente, invece, preparato alla direttiva europea CSRD, che, dal 2023, impone alle grandi aziende di riferire sulle questioni ESG.
     

      L’Unione Europea punta a definire criteri chiari e uniformi in materia di rendicontazione di sostenibilità. Lo ha dimostrato con l’introduzione della Direttiva CSRD, che stabilisce nuovi obblighi per le imprese che operano nel contesto europeo. Tuttavia, la situazione è in rapida evoluzione. Da un lato, sono stati messi in discussione i criteri che determinano l’obbligo di rendicontazione (fatturato, numero di dipendenti e totale dell’attivo); dall’altro, la nuova Direttiva “Stop the Clock” prevede un rinvio temporaneo dell’applicazione. In particolare, le grandi imprese che avrebbero dovuto pubblicare la prima relazione a partire dal 2026 beneficeranno di un rinvio fino al 2028, mentre per le PMI quotate l’obbligo slitterà dal 2027 al 2029. Tuttavia, rinviare non significa cancellare: chi sceglie di aspettare rischia di perdere credibilità e di trovarsi impreparato di fronte alle nuove richieste del mercato e di stakeholder sempre più attenti ed esigenti.
      Luisa Tranquilli_Responsabile Area Sostenibilità di 2A GROUP, an SD Worx company

      Luisa Tranquilli

      Responsabile Area Sostenibilità

      2A GROUP, an SD Worx company

      Il divario di credibilità tra dipendenti e datori di lavoro

      Sette datori di lavoro italiani su dieci (73%) sono convinti di essere credibili sul fronte della sostenibilità, anche se i dipendenti hanno un’opinione diversa: solo il 57% si fida delle iniziative ESG della propria organizzazione. 

      Ne deriva un divario medio di circa 16 punti che ci posiziona al terzo posto della top tre europea: sul gradino più alto del podio troviamo la Francia (22 punti) seguita dal Regno Unito (17 punti). Sono, invece, più virtuosi la Croazia (10 punti), i Paesi Bassi (10 punti) e la Finlandia (11 punti). 

      "I datori di lavoro credono fortemente nella propria narrativa di sostenibilità, ma i dipendenti la percepiscono meno. Questo genera tensione tra ciò che le organizzazioni dichiarano e l’esperienza quotidiana dei lavoratori. - commenta Laura De Boom, ricercatrice presso l’Università di Anversa - Parole o campagne potenti possono emozionare, ma non sempre si traducono in pratiche concrete. Altre volte, i dipendenti percepiscono i valori sottostanti, ma mancano di fiducia perché le parole non sono seguite da azioni. Qui sta la sfida per HR e comunicazione: non solo raccontare visibilmente ciò in cui si crede, ma renderlo concreto nel lavoro quotidiano e nella cultura aziendale. Solo quando i dipendenti vedono la promessa riflessa nella propria esperienza, la storia di sostenibilità acquista reale credibilità."
       

        Perché la credibilità è fondamentale

        La credibilità gioca un ruolo chiave anche nel processo di talent acquisition. In generale i dipendenti che percepiscono i messaggi ESG della propria azienda come autentici e attendibili hanno il 12% in più di probabilità di considerarla attraente. La soddisfazione sul lavoro aumenta dall’8 al 10%, così come motivazione e impegno, mentre la propensione a lasciare l’azienda diminuisce del 2-2,5%. 
        "Una comunicazione credibile in termini di sostenibilità rende il datore di lavoro più attraente, aumenta la soddisfazione e la motivazione, e riduce il rischio di turnover. L’effetto è più evidente tra i lavoratori più senior. - conclude De Boom - Per HR e comunicazione, la chiave della credibilità risiede in tre elementi: accuratezza, autenticità e coerenza. Bisogna condividere dati ed evidenze, raccontare storie reali di dirigenti e dipendenti, e assicurarsi che parole e azioni si rafforzino a vicenda. La vera persuasione nasce solo quando la sostenibilità è sincera, una qualità richiesta non solo dai dipendenti, ma sempre più anche da clienti, fornitori e investitori."
         

          Sul sondaggio internazionale HR & Payroll Pulse

          SD Worx, il principale fornitore europeo di soluzioni HR & Payroll, supporta le organizzazioni di qualsiasi dimensione nelle sfide HR e payroll. Per tenere il polso di datori di lavoro e dipendenti, SD Worx conduce regolarmente sondaggi approfonditi. L'analisi del più recente “HR & Payroll Pulse” fornisce alle organizzazioni preziose indicazioni per mettere a fuoco e rendere più efficace la loro strategia in ambito risorse umane e buste paga.

          L'indagine è stata condotta nel febbraio 2025 in 16 Paesi europei: Belgio, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito. In totale sono stati intervistati 5.625 datori di lavoro e 16.000 dipendenti. I risultati forniscono un quadro rappresentativo del mercato del lavoro in ciascun Paese.
           

            Informazioni su SD Worx

            SD Worx è convinta che la base del successo siano le persone. Una forza lavoro sana e vigorosa non solo costruisce un'azienda florida, ma contribuisce anche a uno sviluppo positivo della società. Insieme ai suoi clienti, SD Worx valorizza, quindi, le Risorse Umane a beneficio del lavoro, della vita e della società.

            In qualità di partner leader in Europa per le soluzioni HR e payroll per tutte le organizzazioni e i lavoratori, SD Worx offre software, servizi e competenze in ambito payroll & reward, gestione del capitale umano e gestione della forza lavoro. L’azienda ha profonde radici in tutta Europa e da otto decenni è all'avanguardia, insieme ai suoi clienti, datori di lavoro grandi e piccoli, per stimolare il coinvolgimento dei dipendenti nel successo del business.

            Con quasi 10.000 dipendenti attivi in 27 Paesi, circa 95.000 clienti e 6 milioni di cedolini calcolati, SD Worx si posiziona tra i primi cinque player del settore a livello mondiale. Nel 2024 ha registrato un fatturato di 1,180 miliardi di euro.

            Per maggiori info consulta il sito www.sdworx.it e seguici su LinkedIn 

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